Paolo Cordua
2017/18
“Finzione, finzione, ma che finzione, realtà!”
(Magnifica Presenza, Ferzan Ӧzpetek)
Chi sono?
Mi piace mangiare, viaggiare, leggere, andare al cinema, le pizze con gli amici, l’arte, il blu, i cani (ma non ne ho mai avuto uno) e l’affetto di chi mi sta intorno.
Odio il calcio, il carnevale, il trash in TV, chi fa pipì con la porta aperta, il pregiudizio, chi si addormenta, l’invidia e la cattiveria.
Sono diventato studente fuori sede nel 2015 quando ho deciso che sarei andato a vivere nella bella città Patavina per conoscere come si fa a curare la gente. Il mio paese natìo si trova esattamente a 1.345 km di distanza da Padova e sento molto la mancanza di tutto quello che mi ha cresciuto: il sole cocente che ti scalda il cuore, la dolcezza di un cannolo appena farcito, la fragranza delle arancine fritte, l’odore del mare che ti riempie i polmoni, il suono dolce del dialetto che non posso più parlare.
Perchè il teatro?
Faccio teatro da quando ero uno scricciolo, da quando inscenavo, senza saperlo, monologhi tragici e struggenti sforzandomi di piangere di fronte ai miei genitori che mi impedivano di fare qualcosa. Più protestavo e più mia madre mi canzonava dicendomi: “Amleto di Shakespeare, atto III, scena I, ciack”.
Ecco, così è nata la mia avventura col teatro e ho sempre saputo che tutto quello non era “finzione”, come molti credevano, ma un sentimento che esce fuori attraverso le tue membra, la voce, le emozioni. È qualcosa di autentico che sai di potere trasmettere. Fare l’attore, nel mio piccolo, è jouer au théâtre, una specie di sport che mi permette di realizzare me stesso, entrando in una dimensione parallela eppure straordinariamente interiore attraverso cui puoi dare una voce a tutto ciò che voce non ha e puoi dare un corpo a tutto ciò che corpo non ha.
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